Avere dei risparmi dà sicurezza, ma lasciarli fermi su un conto non basta. Anzi, può diventare un rischio: l’inflazione riduce ogni anno il potere d’acquisto, erodendo lentamente ciò che, con fatica, si è messo da parte. Nel 2024 le famiglie italiane hanno accumulato oltre 6.000 miliardi di euro di ricchezza finanziaria, ma ben 1.800 miliardi sono rimasti parcheggiati in conti correnti e depositi. Un’enorme somma che, invece di crescere, ha visto il proprio valore diminuire proprio a causa dell’aumento dei prezzi.
In questo articolo vedremo che risparmiare è importante, ma che è solo il primo passo. Investire è la scelta che ci permette davvero di cogliere le opportunità e di costruire il nostro benessere futuro.
Perché risparmiamo? Le motivazioni dietro questa scelta
Secondo le rilevazioni di Banca d’Italia sui Bilanci delle famiglie italiane, le principali motivazioni che ci portano a risparmiare sono, in ordine di importanza:
- gestire gli imprevisti;
- pianificare la vecchiaia;
- sostenere i figli economicamente.
In tutti i casi si tratta di motivazioni ragionevoli e nobili. Tuttavia, il 74% delle persone dichiara di investire senza chiedere alcun consiglio o, tutt’al più, di chiedere ad amici e parenti. Quasi come se quegli obiettivi non richiedessero la massima esperienza per realizzarli e gestirli.
Il risultato è che spesso si incorre nei tipici comportamenti che annullano i benefici di avere risparmiato, come procrastinare, essere orientati al breve termine, rimanere totalmente avversi al rischio, ignorare le variazioni e i cambiamenti delle esigenze, ecc. Lo dimostrano le interviste agli adulti decisori sui temi economici e finanziari (Consob 2024), secondo le quali solo 2 persone su 10 identificano obiettivi di risparmio periodici, e 3 su 10 dicono di tenere un piano dei conti. Insomma, dopo i buoni propositi rimaniamo inerti a guardare i numeri del nostro conto corrente.
Essere solo buoni risparmiatori non basta
Risparmiare è un gesto importante, il primo passo per realizzare qualsiasi progetto di vita. Ma limitarsi ad accumulare liquidità significa rinunciare a una parte consistente del proprio benessere futuro. Lo ha spiegato con chiarezza Burton Malkiel, economista di Princeton e autore del celebre libro A Random Walk Down Wall Street: “il rischio più grande per l’investitore non è la volatilità dei mercati, ma non investire affatto”.
Nel 2015, con 100 euro si potevano comprare circa 36,4 chili di pane (a 2,75 € al chilo). Oggi, con lo stesso denaro, se ne comprano solo 23,8 chili (prezzo 4,20 € al chilo). I soldi sono rimasti gli stessi, ma il loro potere d’acquisto è sceso. Fortunatamente non compriamo solo pane, ma gli effetti sono ugualmente importanti. In media, l’inflazione dei consumi di una famiglia è stata del 17% negli ultimi 10 anni. Quindi se avessimo lasciato 10.000 euro fermi sul conto dieci anni fa, oggi ci troveremmo ancora 10.000 euro nominali, che in termini di potere d’acquisto varrebbero 8.291 euro (fonte: Istat).
La ricerca conferma un dato semplice: lasciare il denaro fermo significa perdere potere d’acquisto, mentre costruire un piano di investimento in linea con i propri obiettivi permette, nel tempo, di proteggersi dall’inflazione e far crescere la ricchezza. Non serve diventare esperti di finanza: chi mantiene a lungo i risparmi in liquidità rinuncia a rendimenti reali medi del 4-5% l’anno, su un profilo di rischio medio-basso (fonte: Oxford Risk).
Investire per il proprio futuro e quello delle persone care
Investire non è soltanto una questione di numeri: è una scelta che attraversa diverse dimensioni della nostra vita. A livello più personale, abbiamo visto come entrino in gioco motivazioni, bisogni profondi, convinzioni radicate e abitudini consolidate. Tuttavia, le decisioni economiche non si prendono mai in solitudine. Coinvolgono la coppia, la famiglia, i figli. Investire diventa allora un atto relazionale: pianificare insieme, condividere obiettivi, ridurre possibili conflitti sul denaro. È in questo spazio di fiducia reciproca che la scelta finanziaria acquista significato.
Anche la dimensione sociale pesa molto. I condizionamenti culturali, il conformismo o il bisogno di status possono orientare le scelte economiche, spesso in modo poco consapevole. In periodi di crisi o di instabilità politica, per esempio, molti rinunciano a investire, lasciandosi guidare dalla paura. Eppure, chi è rimasto sempre investito ha guadagnato mediamente il 1.7% in più all’anno rispetto a chi ha cercato “il momento giusto” per investire (fonte: Morningstar 2023 e Mind the Gap US 2025).
Negli investimenti contano costanza e disciplina
Il rapporto con l’investimento cambia anche con il tempo. Chi ha vissuto una crisi finanziaria tende a essere più prudente, mentre i più giovani sono spesso attratti da strumenti innovativi. Le diverse fasi di vita, dall’inizio della carriera fino alla pensione, richiedono strategie diverse, perché i bisogni cambiano e con essi l’orizzonte temporale. Mentre le ricerche dimostrano che la costanza premia più di ogni altra cosa. Le analisi di Morgan Stanley sull’omonimo indice azionario dimostrano che la probabilità di perdita sul capitale iniziale si riduce dal 23% al 3% se si investe a 10 anni anziché a un solo anno.
Non solo, la costanza produce un altro effetto che Albert Einstein ha definito l’ottava meraviglia del mondo: la capitalizzazione composta. Immaginiamo di investire 200€ al mese (quindi 2.400€ all’anno) per 30 anni, con un rendimento medio annuo del 5%. Se lasciassimo i soldi sotto il materasso (cioè senza interessi), dopo 30 anni avremmo semplicemente 200€ × 12 mesi × 30 anni = 72.000€. Con interesse composto al 5%, invece, i 72.000 € versati crescerebbero fino a circa 167.000 €. Quasi 100.000€ in più generati unicamente dal tempo e dalla costanza dei versamenti. Quindi, più dell’entità del singolo versamento, è la regolarità a generare i maggiori benefici grazie all’interesse composto. Essere disciplinati è ciò che rende l’investimento produttivo.
Infine, investire significa anche esprimere valori. Alcuni investitori scelgono fondi sostenibili, altri privilegiano criteri socialmente responsabili o si lasciano guidare da principi religiosi o morali. In questo senso, ogni decisione d’investimento è anche un atto etico: perché contribuisce a modellare l’ambiente naturale e sociale in cui viviamo.
Investire: la chiave per costruire il proprio benessere
Risparmiare è il primo passo, ma non può essere l’ultimo. Il denaro fermo perde valore, mentre quello investito si trasforma in opportunità. Non si tratta di inseguire guadagni rapidi, ma di costruire con costanza un percorso che accompagni la nostra vita, proteggendo i nostri sogni e quelli delle persone a cui vogliamo bene.
Investire non è solo un gesto tecnico-finanziario: è un atto complesso che riflette le nostre emozioni, i nostri legami, la società in cui viviamo, le condizioni storiche, le risorse materiali e i valori etici a cui ci ispiriamo. Per questo essere costanti e consapevoli è il modo più efficace per trasformare il risparmio in benessere futuro.