“Oggi si ha difficoltà a decidere perché si è schiacciati dall’incertezza, non perché si è inconsapevoli o spensierati. Bisogna riconfigurare i linguaggi e costruire ponti per uscire da immobilismo e disattivazione”. Sono alcune delle parole con cui il sociologo Sergio Sorgi ha commentato i risultati dell’Osservatorio Look to the future, presentato da Athora Italia in collaborazione con Nomisma, società indipendente che realizza studi settoriali, ricerche economiche e intelligence di mercato.
Lo studio – un’indagine ad ampio spettro dedicata a cosa pensano gli italiani su risparmio, investimenti e previdenza – fotografa un’Italia attraversata da dubbi e timori, dove la propensione al risparmio resta alta, ma si accompagna a una crescente difficoltà nel prendere decisioni. Un quadro che, per chi opera nel settore assicurativo e finanziario, diventa fondamentale conoscere per capire come accompagnare le persone in un momento storico in cui le certezze vacillano, le priorità cambiano e il linguaggio stesso del risparmio deve essere ripensato.
In questo articolo approfondiremo gli spunti che il sociologo Sergio Sorgi, fondatore di Progetica, società indipendente di consulenza specializzata in educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale, ha offerto nel corso dell’incontro, attraverso una lettura dei segnali di cambiamento in atto e una lucida visione di quelle che potrebbero essere le soluzioni.
Un futuro incerto, fra paure e rinunce
Come spiega Sergio Sorgi, la sensazione di incertezza è oggi un elemento strutturale della nostra società. Una società in cui si risparmia non tanto per costruire, ma per proteggersi; non per investire, ma per difendersi da imprevisti e instabilità. Il dato più eloquente? Quasi la metà degli italiani (49%) teme di non avere abbastanza risorse economiche per affrontare una spesa imprevista. Ma ancora più rilevante è il modo in cui questo si riflette sul comportamento: si rinuncia, si rimanda, ci si immobilizza nello status quo.
Secondo Sorgi, siamo di fronte a un fenomeno che va ben oltre l’economia. “Le attenzioni verso i temi generali sono divenute di secondo piano, rispetto a quelle per sé stessi. C’è una forte attenzione per il proprio microcontesto individuale, che deve cavarsela e salvarsi data la scarsa capacità di supporto dei sistemi pubblici e la poca fiducia nelle strategie alternative. Per questo, gli intermediari assicurativi devono abbinare a una rigorosa identificazione di bisogni e desideri tramite consulenza una nuova capacità di relazione. Serve, però, una relazione empatica, e non giudicante”, evidenzia l’esperto. Le persone, dunque, si trovano senza “bussola”, e ciò si riflette anche sul risparmio: il rischio non è tanto quello di compiere scelte sbagliate, ma di non compiere alcuna scelta.
Il denaro, come le navi, non è fatto per stare fermo
“Gli italiani sono un popolo di ‘accantonatori’, non di risparmiatori – osserva il sociologo – e questo ha diverse conseguenze sulla gestione delle proprie risorse, soprattutto perché non siamo abituati a considerare il futuro. Se ci facciamo prendere da piccole decisioni che saziano le ansie quotidiane e i piccoli piaceri, va bene; però, resta un problema di fondo: ogni euro speso in un luogo o in un momento è un euro tolto a qualcos’altro. Tenere fermi i soldi, senza fiducia nei mercati o nel futuro, è un danno. I soldi fermi sono come le navi nei porti: non sono fatte per restare lì, ma per viaggiare, navigare, scoprire nuove mete. Se non pensiamo a questo, ci mancherà il denaro per la pensione, i progetti di vita futuri, i figli, i viaggi, tutto ciò che ci meritiamo”.
Ma allora dove va a finire il risparmio degli italiani? Nell’ultimo anno, il 64% dichiara di aver accumulato risparmi sul conto corrente, mentre solo il 36% ha scelto soluzioni diverse, come investimenti o prodotti di protezione del capitale. E quando si tratta di chiedere consiglio? Il 57% si affida al consulente bancario, il 26% al promotore finanziario, il 12% all’agente assicurativo. C’è poi un 19% che consulta il web e i blog specializzati, mentre un 16% decide in totale autonomia.
“Gli operatori, nelle fasi di incertezza, sono chiamati a dare supporti decisionali più che risposte. La parola magica è capacitazione – aggiunge Sorgi – ovvero aiutare i clienti a essere consapevoli delle scelte che fanno e dell’esito di ogni decisione o indecisione. Ci vuole, per questo, un’educazione finanziaria personale, più che nozionistica, un accompagnamento che non può essere fornito da un algoritmo ma da un operatore assolutamente in carne ed ossa”.
Cambiare linguaggi, creare relazioni, costruire fiducia
“Per chi lavora nella consulenza finanziaria – suggerisce Sorgi – il punto non è solo fornire informazioni corrette, ma entrare in sintonia con questa nuova realtà”. In altri termini, serve un cambio di paradigma: più che strumenti, oggi le persone chiedono relazione, ascolto, empatia. “La sfiducia dilagante spegne la luce su ogni rapporto professionale e va mitigata ricostruendo reti di fiducia autentiche e professionali”, prosegue il sociologo. È il servizio “zero”, senza il quale non si attivano relazioni e mancano ponti di consapevolezza verso un corretto utilizzo del rischio e dei mercati. “La fiducia, però, va meritata. Per questo, è necessario che ogni istituzione conosca i propri punti forti e punti deboli, li valorizzi e li comunichi adeguatamente. Senza fiducia non c’è sviluppo sociale e di mercato”.
Allo stesso tempo, il linguaggio tecnico-finanziario rischia di essere percepito come distante. Su questo Sorgi sottolinea che “è necessario trovare parole nuove, modi nuovi di parlare di risparmio. Solo così si potrà permettere davvero alle persone di uscire dalla paralisi decisionale”. In questo senso, anche la consulenza deve evolvere: diventare più personalizzata, più narrativa, per essere capace di aiutare gli utenti non solo a gestire il proprio denaro, ma anche a ritrovare fiducia e direzione.
Oltre la paura, verso un nuovo dialogo
La conclusione a cui approda Sergio Sorgi è eloquente: oggi più che mai, chi si occupa di risparmio e protezione non può limitarsi a offrire soluzioni tecniche, ma è chiamato ad ascoltare, a comprendere, a costruire fiducia. Un compito complesso, ma essenziale per rimettere in moto le scelte delle persone.
Serve dunque un’educazione finanziaria diversa, non fatta di formule o nozioni, ma di consapevolezza. “Non si tratta di insegnare i fenomeni finanziari alle persone affinché si muovano in autonomia, ma di aiutarle a capire cosa significa, nella vita concreta, avere un figlio o non averlo, sposarsi o separarsi, diventare vecchi o longevi; in sintesi, rimettere in moto l’immaginazione”, conclude il sociologo. Proprio come in medicina non serve conoscere i principi attivi, ma sapere quando andare dal medico, così in ambito finanziario il vero progresso passa dall’accompagnamento.
È proprio in questa direzione che si muove Athora Italia, impegnata ogni giorno a promuovere una cultura finanziaria più solida, accessibile e consapevole. Lo fa a 360 gradi, attraverso iniziative e contenuti pensati per diffondere informazioni corrette, trasparenti e accessibili a tutti. Crediamo che avvicinare le persone alla finanza, aiutandole a sviluppare le competenze necessarie per orientarsi e fare scelte adatte alle proprie esigenze, sia un passo fondamentale verso una maggiore autonomia e sicurezza economica.