La previdenza, si sa, è un mezzo per vivere bene in pensione. Serve a tutti per mettere al sicuro le proprie spese future, sia quelle legate ai bisogni sia quelle più collegate ai desideri. La previdenza pubblica, tuttavia, sostituisce solo una parte dei redditi necessari a vivere bene, e ciò che manca bisogna costruirlo con le proprie forze, piaccia o no.
Quello che è essenziale sapere è che ci sono tre questioni da affrontare, diverse tra loro. La prima riguarda il “se”: è davvero necessario ricorrere a previdenze complementari? La seconda riguarda il “come”: quale forma di previdenza complementare è più funzionale per me?
La terza e ultima domanda coinvolge la quantità di risparmio necessaria, e rappresenta una diretta conseguenza delle prime due.
Che sia necessario ricorrere alla previdenza complementare è oramai chiaro. Con un importo medio delle pensioni pubbliche di vecchiaia pari a 1.486 euro lordi mensili (Fonte: Osservatorio sulle pensioni erogate dall’INPS) c’è davvero poco spazio per la serenità. Ricordiamoci, peraltro, che ad oggi in Italia si passano 21,5 anni in pensione (Fonte: 2024 – Pension adequacy report – Current and future income adequacy in old age in the EU) e che i consumi, man mano che l’età avanza, crescono significativamente.
Bisogna dunque fare qualcosa per il proprio futuro. Per poter condurre una vita bella. Per essere contenti e non affranti. Ecco quindi una guida agli strumenti di previdenza complementare.
Come integrare le proprie entrate pensionistiche
In linea generale, esistono due grandi famiglie di soluzioni:
- le forme di previdenza complementare, che comprendono fondi pensione e piani individuali pensionistici;
- le forme di investimento.
Nel primo caso, al termine del lavoro, inizieremo a percepire un reddito, in forma di rendita, per tutta la vita. Nel secondo caso, invece, sta a noi prelevare dal nostro capitale quel che ci serve, stando però bene attenti a non esaurire il denaro quando siamo ancora in vita.
Come funzionano le forme di previdenza complementare
La previdenza complementare ha un funzionamento molto lineare: si investono dei soldi che vengono gestiti e destinati ai mercati finanziari, che ne fanno crescere il valore nel tempo. Al termine del periodo di lavoro, il capitale maturato viene convertito in una rendita vitalizia in base all’età che avremo e a quanti anni si stima, statisticamente, che il vitalizio dovrà essere pagato. Il pagamento delle rendite viene gestito da Compagnie di assicurazione, che adoperano basi di calcolo trasparenti, pubbliche e validate dalle istituzioni di controllo nella loro affidabilità e correttezza.
Nella loro semplicità, le previdenze complementari sono ritenute così importanti dal punto di vista del benessere pubblico da essere fiscalmente agevolate: i versamenti, infatti, sono deducibili dal reddito entro limiti assegnati.
Come funzionano le forme di investimento
La costruzione delle previdenze tramite investimenti, diversamente, non comprende sistemi di garanzia sulla durata della rendita che preleveremo noi dal nostro capitale. La gestione “fai da te” appare flessibile ma genera una infinita serie di problemi: bisogna “mettere d’accordo” l’allungamento della speranza di vita, il denaro da prelevare e l’andamento dei mercati nei quali si è investiti, sapendo che ognuno dei tre temi influisce significativamente sugli altri. World Economic Forum ha esaminato il rischio di vivere più a lungo dei propri investimenti in 6 Paesi economicamente stabili. L’esito è che gli uomini rischiano di vivere da 8 a 15 anni più a lungo dei propri soldi, mentre per le donne questo “rischio” va da 11 a 20 anni.
Per questo motivo, la scelta di forme di previdenza che garantiscono un vitalizio saranno meno flessibili, ma sono coerenti con il bisogno di mangiare, vestirsi, pagare le bollette, fare benzina e andare in vacanza per tutta la vita.
Un confronto rapido tra previdenza pubblica e complementare
Abbiamo detto che la previdenza complementare è semplice. Oltre a questo, comprende una serie di vantaggi che si capiscono meglio confrontando il loro funzionamento con quello della previdenza pubblica. Esaminiamo, a tal fine, tre aspetti.
I versamenti
I versamenti nella previdenza pubblica sono obbligatori nella frequenza e nella misura. Nelle previdenze complementari, invece, sono liberi nella frequenza e nella misura.
Inoltre, se si è dipendenti, si può investire la propria quota TFR e, in alcuni casi, usufruire anche di un versamento aggiuntivo da parte del datore di lavoro.
La redditività degli investimenti
I contributi versati nelle previdenze pubbliche si vedono attribuire, ogni anno, un rendimento pari a una media delle crescite del PIL del Paese. In Italia, il PIL cresce poco, e talora non cresce affatto.
Nelle previdenze complementari, invece, il rendimento dei propri soldi deriva in gran parte dal mercato di riferimento e dal profilo di rischio scelto.
Ognuno, inoltre, ha una propria posizione personale, a differenza delle previdenze pubbliche, che non hanno tecnicamente alcuna “cassa”, perché i contributi versati non vengono accantonati per se stessi ma distribuiti a chi oggi è già in pensione. I contributi pubblici, per memoria, sono intoccabili, mentre quelli versati nelle previdenze complementari possono essere in buona parte ritirati se ci sono esigenze abitative, sanitarie ecc.
Il vitalizio
Infine, c’è il tema del vitalizio. Nelle previdenze pubbliche questo è un obbligo, mentre nelle previdenze complementari si può, prima dell’inizio della pensione, valutare se ci sono le condizioni per ritirare, in tutto o in parte, il capitale maturato.
Insomma, da una parte troviamo diversi obblighi e pochi diritti, mentre dall’altra pochi obblighi e diversi diritti.
Le previdenze complementari, in ogni caso, richiedono alcune scelte.
Le scelte da compiere prima di valutare una forma di previdenza complementare
Nella previdenza complementare sta a noi scegliere quando cominciare a versare e come considerare il rischio dei mercati finanziari. I due temi sono strettamente collegati: iniziare presto e farsi aiutare dai mercati può far sì che, con versamenti continui, nel lungo termine si possano ottenere grandi risultati.
Nell’articolo dedicato all’importanza di pianificare la pensione, abbiamo visto il possibile esito di investire presto: un trentenne che attiva la propria previdenza complementare, a parità di rischio, può ottenere una pensione maggiore dell’80% (3.530 euro di pensione vs 1.929) rispetto a un quarantenne che la attiva a quella età (Fonte: Elaborazioni Progetica su scenari probabilistici derivanti da un investimento in profilo di rischio basso [100% ob], medio [50% ob e 50% az. Globale] e alto [100% az. Globale] ed età di inizio percezione pari a 67 anni. Le stime, naturalmente, sono da intendersi come tali e non come attese di rendimento certe).
L’importanza di saper valutare il grado di rischio
L’altro aspetto da considerare riguarda il rischio finanziario. Se invece che in un comparto di investimento a rischio medio, il nostro quarantenne scegliesse un comparto a rischio basso potrebbe aspettarsi poco più di 1.060 euro di pensione l’anno; investendo a rischio “alto”, invece, la pensione attesa potrebbe raggiungere i 2.285 euro.
Certo, il rischio comporta volatilità, oscillazioni, possibili perdite nel durante, ma se si ha disciplina e si affronta con calma il tempo di investimento, ci viene da dire che forse il rischio maggiore è quello di non rischiare, e che se vogliamo che i nostri versamenti generino pensioni adeguate dobbiamo simulare con cura l’esito dei diversi profili di rischio connessi all’investimento pensionistico; e, se possibile, scegliere forme che consentano diverse possibilità di investimento, disponendo di fondi interni dedicati.
Il domani dipende dalle scelte che compiamo oggi
La qualità del tempo che passeremo in pensione dipenderà anche dalle scelte di previdenza complementare che si fanno oggi. Che queste scelte vadano fatte è fuori discussione; quando e con quali strumenti è una decisione personale.
L’esito di tale decisione, tuttavia, è così rilevante che è bene farsi consigliare da chi ha competenze, esperienze e strumenti adeguati alle necessità.
La vita dopo il lavoro è lunga, e questo è un bene. Grazie a una buona stabilità economica, possiamo far sì che sia anche divertente e profonda.